Tempeh

Tempeh

Note preliminari

Per la preparazione del tempeh è importante ricordare che esso è il prodotto di una doppia fermentazione: prima una fermentazione lattica che acidifica la soia, e poi la fermentazione operata dalle muffe di Rhizopus. L’acidificazione prodotta dalla prima fermentazione favorisce lo sviluppo delle muffe della seconda, inibendo invece lo sviluppo di batteri non graditi.
La prima fermentazione è una fermentazione spontanea e si ottiene semplicemente lasciando in ammollo a lungo i fagioli di soia prima della cottura, la seconda fermentazione invece si ottiene invece inoculando le spore di Rhizopus dopo la cottura della soia.
Saltare la prima fermentazione è l’errore principale che molti commettono nella preparazione del tempeh. Purtroppo viviamo in una società che va di fretta e tendiamo a semplificare, e così molte ricette per il tempeh fanno semplicemente lasciare in ammollo i fagioli di soia per qualche ora. Per rimpiazzare la mancata acidificazione della fermentazione lattica, si acidifica poi artificialmente aggiungendo dell’aceto. Naturalmente non è la stessa cosa…
È consigliabile utilizzare soia proveniente da agricoltura biologica per essere sicuri che non siano residui di fitofarmaci che potrebbero ostacolare lo sviluppo dei microorganismi fermentativi.

Ingredienti

  • Soia
  • Starter di Rhizopus

Procedimento

1

Lasciare i fagioli secchi di soia in ammollo per almeno due giorni, ma anche quattro o cinque, per consentire una completa fermentazione acido-lattica.

Nota

Durante l’ammollo il volume della soia aumenterà di due-tre volte: attenzione perciò a utilizzare una ciotola abbastanza capiente e a coprirli con sufficiente acqua (almeno il triplo del volume dei fagioli), per consentire la loro espansione. Durante l’ammollo, coprire il recipiente con un canovaccio pulito o un piatto, per tenere lontani polvere e insetti

Nota

Il tempeh tradizionale è fatto con la soia, ma in realtà con lo stesso procedimento e lo stesso starter di Rhizopus si può preparare il tempeh utilizzando qualunque altro legume (molto apprezzati anche il tempeh di ceci e quello di lenticchie), e volendo anche mescolando i legumi a cereali integrali o semi oleosi o verdure.

2

Al termine della fermentazione, massaggiare i fagioli con le mani per favorire il distacco dei rivestimenti fibrosi, poi eliminare l’acqua di fermentazione e sciacquare due o tre volte i faglioli per eliminare bene la schiuma.

Nota

Terminata la fermentazione, si sarà formata molta schiuma per via delle saponine, mista all’involucro esterno di alcuni semi che si sarà staccato da solo. Ottimo: perché per consentire la penetrazione delle muffe, i semi di soia devono essere decorticati cioè privati del loro involucro fibroso, quella pellicina che riveste i fagioli che altrimenti farebbe da barriera alle ife. Facendo una prima fermentazione abbastanza lunga, verranno via praticamente da sole: per completare l’operazione sarà sufficiente massaggiare un po’ i fagioli con le mani prima di lavarli.
Molte ricette suggeriscono di buttare via le pellicine rimosse, ma in realtà non è affatto necessario: l’importante è che si stacchino dal seme, ma poi possono tranquillamente essere reincorporate all’impasto. Aiuteranno ad asciugarlo e a conferirgli consistenza, e soprattutto verrà salvata la tutta la fibra e i molti polifenoli che si trovano in quegli strati più esterni.

3

Trasferire i fagioli di soia in una pentola capiente, ricoprirli con acqua pulita e far bollire per circa 30-45 minuti.

Nota

Per la produzione del tempeh, la cottura dei legumi deve essere breve, fino al punto di renderli abbastanza morbidi da poter essere masticati, ma non completamente molli. In caso contrario i fagioli staranno tutti appiccicati tra di loro creando un microambiente troppo umido e troppo poco ossigenato per favorire lo sviluppo delle muffe.
Se abbiamo fatto un ammollo di almeno due giorni, nel caso della soia una bollitura di mezz’oretta sarà più che sufficiente per ottenere la consistenza desiderata. Se si produce il tempeh con ceci o fagioli, saranno sufficienti cinque-dieci minuti di cottura, con le lenticchie uno o due minuti.

4

Scolare i legumi, eliminando bene l’acqua in eccesso, e rimetterli nella pentola asciutta, a secco, lasciandoli sul fuoco ancora uno o due minuti affinché si asciughino bene, continuando a mescolare per evitare che brucino sul fondo.

Nota

L’asciugatura dei legumi in superficie è importante per far circolare bene l’aria e favorire lo sviluppo delle muffe. Esistono anche metodi alternativi per ottenerla, ad esempio stenderli su un canovaccio pulito e tamponarli delicatamente, oppure esporli all’aria di una ventola. Oppure, nel caso della produzione di un tempeh misto, mescolarli ad altri ingredienti che assorbono l’umidità, quali striscioline di alga nori essiccata, o cereali.

5

Attendere che i legumi si raffreddino alla temperatura di circa 37 gradi.

Nota

Se aggiungiamo lo starter di Rhizopus quando la soia è ancora troppo calda, i microorganismi moriranno e non avverrà nessuna fermentazione. Se vogliamo giudicare a occhio, ricordiamo che 37 gradi è circa la temperatura corporea. Se però abbiamo a disposizione un termometro da cucina, questo è proprio il caso di usarlo.

6

Inoculare lo starter e mescolare bene in modo da distribuirlo il più omogeneamente possibile su tutti i legumi.

Nota

Per le dosi, attenersi alle indicazioni riportate sulla confezione di starter. In genere si utilizza un cucchiaino raso per ogni chilo di legumi secchi.

7

Trasferire i legumi inoculati nel recipiente di fermentazione, formando uno strato uniforme non più alto di un centimetro.

Nota

A a questo punto comincia la seconda fermentazione, che deve avvenire in un microambiente abbastanza chiuso da evitare che i legumi si asciughino troppo per evaporazione, ma non ermeticamente chiuso perché deve poter circolare l’ossigeno.
Tradizionalmente in Indonesia si crea questo ambiente avvolgendo i fagioli inoculati nelle foglie di banano, che sono grandi e lisce, e hanno la superficie abbastanza porosa da lasciar circolare l’aria senza lasciar evaporare l’acqua. Se le abbiamo a disposizione, possiamo certamente usarle (quando le troviamo possiamo anche metterle in congelatore e prelevarle all’occorrenza).
In alternativa, la soluzione tipica occidentale è quella di utilizzare dei sacchettini di plastica per alimenti, ma avendo l’accorgimento di forarli in superficie con un bastoncino oppure la punta di un coltello o di una forchetta, in modo che dai forellini possa circolare l’aria.
In entrambi i casi, è importante non superare il centimetro di altezza quando formiamo lo strato di fagioli di soia, e disporli nel modo più uniforme possibile, senza lasciare buchi e senza creare montagnette o avallamenti.

8

Mantenere i legumi a una temperatura di circa 30 gradi per 24-48 ore. Quando cominciano a formarsi punti grigi sul micelio bianco, il tempeh è pronto.

Nota

L’incubazione di Rhizopus è la fase forse più delicata di tutto il processo perché bisogna monitorare un po’la temperatura. Quella ideale per lo svilippo di Rhizopus, e non di altre muffe o funghi o lieviti, è intorno a 30 gradi, cercando di rimanere nel range compreso tra 27 e 33 gradi: se la temperatura dovesse salire oltre, Rhizopus comincerebbe a morire, al di sotto invece smetterebbe di riprodursi.

Nota

La durata della fermentazione dipende dalla temperatura e dalla vitalità dello starter, in genere è completa tra le 24 e le 48 ore. Dapprima i fagoli cominceranno a rivestirsi di un micelio bianco semitrasparente, poi sempre più bianco intenso fino a quando, di solito in prossimità dei fori del sacchetto o degli angoli, dove circola più aria, il micelio bianco comincerà a diventare grigio, segno che stanno cominciando a riformarsi le spore. Questo è il segno che la fermentazione è completa, e che il nostro tempeh è pronto.
Se lo lasciassimo andare avanti a fermentare, nel giro di uno o due giorni ancora il tempeh diventerebbe uniformemente grigio, e di un sapore molto più forte e ammoniacale: è ancora perfettamente commestibile e c’è chi lo preferisce così.

9

Spacchettare il tempeh dal suo involucro e tagliarlo in blocchetti della dimensione desiderata

Nota

Mentre spacchettiamo il tempeh appena fatto, il suo irresistibile aroma ci farà probabilmente venire voglia di assaggiarlo subito cosi com è, ancora un po’ caldo e senza ulteriore cottura. Possiamo farlo tranquillamente: il tempeh si può mangiare anche così com'è.

Domande frequenti

Come si mantiene la giusta temperatura di fermentazione?

  • Se abbiamo un incubatore a temperatura regolabile, è sufficiente settarlo sulla temperatura di 30 gradi.
  • In una giornata estiva abbastanza calda, se l’ambiente non è climatizzato, controlliamo il termometro di casa: potrebbe andare bene la temperatura ambiente!
  • Se in casa abbiamo i canonici 20 gradi, in genere l’interno del forno spento è sui 30, per cui si può utilizzare per incubare il tempeh, avendo cura di mettere un foglietto sulla manopola del forno per ricordarsi di non accenderlo, altrimenti uccidiamo tutto. Se abbiamo il termometro, lasciamolo inserito nei fagioli così da poter monitorare di tanto in tanto la temperatura. Se scende troppo, possiamo accendere la luce del forno, o metterci un sacchettino di acqua calda, se sale troppo, apriamo lo sportello o tiriamo fuori il tempeh.

Come si conserva?

Il tempeh è un alimento fresco e quindi deperibile. Possiamo conservarlo in frigorifero per diversi giorni, meglio avvolto in un tovagliolo per assorbire l’umidità. Teniamo presente che la fermentazione potrebbe procedere, anche se molto lentamente, e quindi l’aroma diventare più intenso e il micelio più grigio.
La parte che non prevediamo di consumare nei primi giorni, può invece essere congelata e conservata diversi mesi. Per congelarlo, mettiamo dapprima in freezer i blocchetti separati e non impilati per evitare che si appiccichino tra di loro. Dopo qualche ora, quando cominciano a congelare in superficie, possiamo tranquillamente impilarli e riporli in un sacchettino ben chiuso o in un contenitore per alimenti col suo coperchio.

Come si mangia?

Il tempeh può essere consumato come tale, ma se appena prodotto ancora caldo e fragrante è delizioso, una volta trasferito in frigo mangiarlo da solo non è più così entusiasmante. Per fortuna, è un alimento davvero estremamente versatile che quando viene cucinato trasforma ancora una volta il suo aroma sviluppandone uno più ricco, a metà tra l’aroma di carne e di semi tostati.
In indonesia viene spesso tagliato a pezzettini e poi fritto, oppure cucinato alla griglia e accompagnato da condimenti salati ma anche dolci, oppure ancora cucinato nel latte di cocco insieme a carne o verdura. Si può usare come sostituto della carne in spezzatini, umidi e sughi. Si può anche marinare in infiniti modi diversi prima di cuocerlo (olio, aceto, senape, salsa di soia, vino, sciroppo d’acero, burro di arachidi, tahini, aglio, erbe, spezie…). In pratica, è una base abbastanza versatile che si presta a plasmarsi molto bene sui sapori che decidiamo di dargli no: la cosa più semplice è passarlo rapidamente nel wok o in padella con altre verdure e i nostri condimenti preferiti.

È possibile produrre tempeh utilizzando un lotto precedente?

No, è fortemente sconsigliato e il risultato tende ad essere molto deludente: trattandosi di una muffa e non di un batterio, Rhizopus non si riproduce senza prima completare un nuovo ciclo di sporulazione. Si può tentare solo con un lotto di tempeh che abbia fermentato talmente a lungo da diventare completamente grigio e con zone nere, spezzettandolo e incorporandolo al nuovo batch di legumi cotti. Tuttavia, il risultato non è garantito.

Si può propagare la coltura di Rhizopus?

Naturalmente, come tutte le colture microbiche, si può propagare dalla coltura precedente: sarà necessario far maturare completamente il Rhizopus fino alla sporulazione e poi separare le spore. Il substrato migliore per ottenere la sporulazione in realtà non è la soia, ma il riso. Si tratta di un procedimento abbastanza tedioso che richiede un preciso controllo della temperatura, e idealmente condizioni di quasi sterilità per evitare di incorporare contaminanti.
È certamente possibile farlo in casa, seguendo la relativa procedura che si può trovare in uno dei vari libri dedicati al tempeh o anche sul web, ma a meno di produrre tempeh davvero frequentemente, in genere non ne vale la pena, anche perché lo starter è costituito da spore, che si conservano molto bene: una volta acquistata una bustina, si conserva per mesi e mesi e se ne usa ogni volta solo un piccolo quantitativo.

Dr. Stefano Vendrame
Nutrizionista, Fulbright Alumnus,
Ph.D. Scienze della Nutrizione

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