Fondamentale alla tiroide per produrre gli ormoni tiroidei, il fabbisogno di iodio per la popolazione adulta è di 150 µg al giorno.
Purtroppo, solo pochi cibi sono ricchi di questo minerale. E a rendere le cose ancora più problematiche, il contenuto di iodio negli alimenti è estremamente variabile nelle varie zone del mondo a causa della differente composizione del suolo e della sua concentrazione nei mari. In molte zone dell’Europa, lontane dal mare, il suolo è povero di iodio e quindi elevato il rischio di una sua carenza.
A causa di questo e di una dieta poco varia, circa un terzo della popolazione mondiale ha una carenza marginale di iodio. La carenza di iodio porta a ipotiroidismo (debolezza muscolare, fatica cronica, aumento di peso), ingrossamento della tiroide (gozzo) e aumentato rischio di alcuni tumori (per approfondire, leggi le
10 cose da sapere sullo iodio).
Ecco dieci alimenti per essere sicuri di non farsi mai mancare questo prezioso minerale…
1. Kelp
Le alghe sono la fonte alimentare in assoluto più ricca di iodio, che accumulano dall’acqua di mare. Anche per questa ragione, dovrebbero essere consumate regolarmente nella dieta senza però eccedere, per evitare di incorrere in un eccesso di questo minerale.
Pur nella variabilità del contenuto, che dipende dalla concentrazione nell’acqua di mare e dall’età delle alghe alla raccolta, il kelp (Laminaria spp.) è in assoluto l’alga più ricca di iodio. Il suo contenuto in questa alga bruna oscilla tra i 25.000 e i 500.000 µg di iodio per etto di alga essiccata, con un contenuto medio di 250.000 µg. Considerato che il fabbisogno giornaliero di iodio è di 150 µg, questo significa che un minuscolo pezzetto di appena 0.06 grammi di kelp essiccato è sufficiente a coprirlo per intero.
In modo più pratico, consumare kelp una volta a settimana è un’ottima soluzione per non incorrere mai in carenze di iodio.
Siccome lo iodio è fortemente idrosolubile, anche aggiungere una striscia di kelp nel brodo (come quando si prepara il dashi) oppure nell’acqua di cottura dei legumi (se poi viene consumata), significa fare il pieno di iodio anche se poi l’alga viene rimossa.
2. Wakame
Anche l’alga wakame (Undaria spp.), l’alga bruna tipica delle insalate di alghe giapponesi, del goma wakame o della zuppa di miso, è molto ricca di iodio. Ne contiene tra i 10.000 e i 20.000 µg per etto di alga essiccata, con un contenuto medio di 14.000 µg.
3. Nori
L’alga nori (Porphyra spp.), quella tipica del sushi, ha un contenuto più basso rispetto alle precedenti trattandosi di un’alga rossa invece che di un’alga bruna. In ogni caso, contiene pur sempre tra i 3000 e i 5000 µg di iodio per etto di alga essiccata, con un contenuto medio di 3700 µg. Un foglio da un grammo, quindi, ne contiene circa 37 µg, cioè circa un quarto del fabbisogno giornaliero.
4. Merluzzo
Il pesce di mare in generale una buona fonte di iodio, il cui contenuto è sempre variabile a seconda delle acque in cui vive. Inoltre, esistono differenze tra le varie specie e i pesci più magri tendono a bioaccumulare più iodio rispetto a quelli più grassi.
Tra i pesci più ricchi di iodio troviamo il merluzzo: un etto di merluzzo contiene in media tra i 75 e 115 µg di iodio, cioè circa la metà del fabbisogno giornaliero. In alcuni casi può arrivare a contenere fino a 170 µg di iodio, coprendo per intero il fabbisogno. A titolo di confronto, il salmone selvatico (un pesce più grasso e di acqua mista) ha in media solo 30 µg di iodio per etto, quello allevato meno di 20 µg. Il tonno contiene in media 20 µg di iodio per etto. Pur essendo contenuti inferiori, si tratta comunque di apporti non trascurabili al fabbisogno giornaliero di questo minerale.
5. Molluschi e crostacei
Molluschi e crostacei sono buone fonti di iodio. In media, se ne trovano 185 µg in un etto di astice, 110 µg in un etto di ostriche, 70 µg in un etto di vongole, 40 µg in un etto di granchio e tra i 15 e i 40 µg in un etto di gamberetti.
6. Yogurt
Il contenuto di iodio nel latte è estremamente variabile sulla base della zona geografica e del tipo di dieta dei bovini. Se il terreno non è impoverito e i bovini nutriti prevalentemente ad erba, il latte può contenere molto iodio, tra i 40 e i 70 µg, con una media di 50 µg: un bicchiere da 200 mL ne apporta dunque 100 µg, due terzi del fabbisogno.
Yogurt e kefir di latte, che sono i latticini più salutari in assoluto, mantengono il contenuto di iodio del latte di partenza e ne sono dunque un’ottima fonte.
I formaggi non concentrano in modo particolare lo iodio che, essendo idrosolubile, viene in parte perso con il siero: un etto di formaggio contiene tra i 50 e gli 80 µg di iodio (nonostante sia fatto con oltre un chilo e mezzo di latte).
7. Uova
Anche le uova, pur nella sempre grande variabilità legata ad alimentazione degli animali e zona geografica, sono una buona fonte di iodio. Salvo carenze ambientali e diete sbilanciate, le uova contengono circa 30-50 µg di iodio per etto. Un uovo di medie dimensioni (60 g) contiene quindi circa 18-30 µg di iodio, concentrato quasi interamente nel tuorlo.
8. Patata con la buccia
Il contenuto di iodio di frutta e verdura è estremamente variabile in base alla composizione del suolo. Se il suolo non è carente di iodio, tuttavia, gli alimenti vegetali possono diventare fonti più che discrete di questo minerale. Ad esempio, una sola patata di medie dimensioni (circa due etti) cresciuta in un terreno non impoverito, contiene circa 15 µg di iodio, circa un decimo del fabbisogno giornaliero. A patto, però, di consumarla con tutta la sua buccia, dove è concentrato quasi tutto lo iodio: se la patata viene sbucciata, il suo contenuto di iodio crolla a meno di un terzo.
9. Frumento integrale
Ancora una volta, il contenuto è estremamente variabile in base al suolo, all’uso di fertilizzanti e all’acqua usata per l’irrigazione. In ogni caso, cereali e legumi non contengono quantitativi elevati di iodio, ma trattandosi di alimenti consumati quotidianamente possono contribuire al suo fabbisogno. A patto però che siano integrali: quasi tutto lo iodio è contenuto infatti nelle parti più esterne. La farina di frumento integrale, ad esempio, contiene circa 6 µg di iodio per etto. In quella bianca, invece, il suo contenuto precipita a 2 µg.
10. Sale iodato
Il sale iodato è artificialmente arricchito di iodio. Ciascuna nazione stabilisce un livello diverso di fortificazione sulla base del livello di carenza nella popolazione. In Italia, il sale iodato deve essere fortificato in modo da contenere tra i 2400 e i 4200 µg di iodio per etto di sale, con un contenuto medio di 3000 µg. Questo significa che in un cucchiaino di sale da 5 g, sono contenuti in media 150 µg di iodio, cioè il fabbisogno giornaliero. Questa fortificazione è tale che il sale iodato arriva spesso a contenere più iodio dello stesso sale marino integrale, e decisamente più iodio del sale marino raffinato (bianco) non iodato.
Tuttavia, il consumo di sodio nella nostra dieta è largamente eccessivo con conseguenze negative sulla ritenzione idrica, la pressione del sangue e la salute cardiovascolare, e deve perciò essere ridotto quanto più possibile. Di certo, non sarebbe una buona idea evitare di ridurre il consumo di sale per timore di perdere lo iodio!
Per questa ragione, pur essendone ricco, il sale iodato non è affatto una fonte intelligente per procurarsi questo minerale. Molto meglio recuperarlo dalle alghe!
Iodio extra…
Lo ioduro è utilizzato come agente sterilizzante (soprattutto nell’industria casearia e in alcuni prodotti da fast food), come dough conditioner in alcuni prodotti da forno, e come ingrediente di alcuni coloranti. Per queste ragioni, se ne trovano a volte quantitativi elevati in alimenti altrimenti insospettabili, come biscotti o cheeseburgers.
La cottura non lo danneggia, ma è idrosolubile
Anche se parzialmente danneggiato dalle alte temperature, per ossidazione ed evaporazione, le perdite di iodio in seguito alla cottura degli alimenti sono marginali. Si tratta però di un minerale idrosolubile: la bollitura ne causa quindi il passaggio verso l’acqua di cottura, con perdite fino al 50% se l’acqua di cottura viene poi eliminata.
Conclusione
Il contenuto di iodio in tutti gli alimenti è molto variabile e dipende dalla composizione del suolo e dalla concentrazione nell’acqua di mare.
Le fonti alimentari di iodio per eccellenza sono le alghe, seguite a distanza dal pesce di mare, dai latticini e dalle uova. Anche patate con la buccia, legumi e cereali integrali, come pure la carne, apportano un discreto quantitativo di iodio.
Il sale iodato e gli alimenti fortificati (come i cereali da prima colazione) sono spesso le principali fonti di iodio nella dieta della popolazione media, ma non sono certo le fonti più intelligenti da cui procurarselo.