10 cose da sapere sullo iodio

Lo iodio figura a pieno titolo nell’elenco dei micronutrienti essenziali, insieme agli altri sali minerali. Svolge infatti funzioni fondamentali nel nostro organismo, e la sua carenza può avere conseguenze molto nefaste. Purtroppo, moltissime persone non ne assumono quantitativi sufficienti.

Ecco dieci cose da sapere su questo preziosissimo minerale:


1. A cosa serve?

Insieme all’amminoacido tirosina, lo iodio è il componente fondamentale degli ormoni tiroidei.
Una sua carenza clinica porta a due conseguenze molto caratteristiche:
  • l’ingrossamento della ghiandola tiroide (gozzo), che diventa sempre più grande sotto la spinta dell’ormone ipofisario TSH, nel disperato tentativo di recuperare più iodio dal sangue
  • gravi ritardi nella crescita e lo sviluppo di tutte le parti del corpo, inclusi irreversibili ritardi neurologici (cretinismo), poiché gli ormoni tiroidei sono indispensabili per l’accrescimento e il corretto sviluppo del cervello e della guaina mielinica che riveste e protegge i nervi.
Senza arrivare a tali drammatiche conseguenze, una sua carenza marginale porta in ogni caso a conseguenze negative, e principalmente due:
  • ipotiroidismo (debolezza muscolare, fatica cronica, aumento di peso)
  • Aumentato rischio di tumori alla tiroide per minore protezione da contaminazione radionucleare.

2. La sua carenza è molto diffusa, anche in Europa

Purtroppo, solo pochi cibi sono ricchi di questo minerale. E a rendere le cose ancora più problematiche, il contenuto di iodio negli alimenti è estremamente variabile nelle varie zone del mondo a causa della differente composizione del suolo e della sua concentrazione nei mari. In molte zone interne, soprattutto quelle che non sono mai state coperte dal mare neppure in passato, il suolo è molto povero di iodio, e quindi elevato il rischio di una sua carenza.
Il problema riguarda anche molte zone dell’Europa lontane dal mare, come ampie aree montuose del nord Italia.
In passato, il gozzo era estremamente diffuso in queste aree: oggi per fortuna, grazie ad una dieta più varia, alla fortificazione del sale e alla globalizzazione della catena alimentare (il suolo locale può esserne povero, ma sugli scaffali dei supermercati si trovano cibi provenienti da molte altre parti, compensando carenze locali), l’incidenza del gozzo è stata drasticamente abbattuta, ma carenze marginali di iodio sono ancora estremamente diffuse.
Se l’incidenza del gozzo riguarda circa 200 milioni di persone al mondo, soprattutto in Africa e in Asia, si stima che circa un terzo della popolazione mondiale abbia una carenza marginale di iodio. Le fasce di popolazione più a rischio di carenza di iodio sono i bambini, le madri durante gravidanza e allattamento, e tutte le persone che non facciano consumo alimentare di alghe.

3. La carenza di iodio rallenta il metabolismo

La carenza marginale di iodio risulta in una produzione ridotta di ormoni tiroidei (ipotiroidismo). Poiché gli ormoni tiroidei segnano il passo del metabolismo, questo risulta in un rallentamento generale del metabolismo con tendenza ad accumulare peso facilmente, difficoltà nella termoregolazione (eccessiva sensiblità al freddo), e una sensazione generale di affaticamento cronico, debolezza muscolare e letargia.

4. La carenza di iodio aumenta il rischio in caso di contaminazione radionucleare

Un apporto sufficiente di iodio protegge anche dalla contaminazione radionucleare, principalmente dallo iodio 131 rilasciato in caso di incidenti a reattori nucleari. Quando la tiroide è carente di iodio, infatti, aumenta esponenzialmente la sua capacità di captazione dello iodio in qualunque forma, incluso quello radioattivo, che verrebbe quindi assorbito e immagazzinato, aumentando esponenzialmente nel tempo il rischio di tumori tiroidei.
D’altra parte, per evidenti ragioni, se è vero che la carenza di iodio aumenta il rischio uptake di iodio radioattivo, un’assunzione supplementare di iodio laddove il suo fabbisogno sia già coperto, non offre alcuna protezione aggiuntiva.

5. Senza selenio, la tiroide non può usarlo

Lo iodio è necessario alla formazione degli ormoni tiroidei, ma per la loro attivazione (in particolare, il passaggio dal T4 alla forma attiva T3) è necessaria l’azione dell’enzima iodotironina deiodinasi, che è un selenoenzima. Senza selenio, perciò, gli ormoni tiroidei non possono funzionare, indipendentemente da quanto iodio sia presente.


6. Quanto ne serve?

Il fabbisogno di iodio per la popolazione adulta è di 150 µg al giorno. In gravidanza e allattamento, il fabbisogno aumenta rispettivamente a 220 e 290 µg al giorno. Il feto e il bambino appena nato sono infatti interamente dipendenti dall’apporto materno per il loro fabbisogno di questo minerale: una sua carenza ha effetti molto seri sullo sviluppo neurologico, oltre ad aumentare il rischio di aborti spontanei e parti prematuri.
La maggior parte dei ricercatori sono concordi nel ritenere adeguate queste raccomandazioni: non ci sono evidenze che un apporto di iodio superiore rispetto a queste raccomandazioni possa avere alcun tipo di vantaggio sulla salute o la prevenzione delle malattie.

7. Troppo iodio è pericoloso?

Lo iodio non ha tossicità acuta se non in seguito ad avvelenamento o ingestione accidentale di parecchi grammi.
Anche l’eccesso cronico di iodio non rappresenta un problema per le persone in salute. Tuttavia, in alcuni soggetti già affetti da disfunzioni tiroidee (per carenza di iodio oppure cause autoimmuni), l’assunzione prolungata di forti dosi di iodio può aggravare il malfunzionamento della tiroide, portando sia ad ipertiroidismo che ad ipotiroidismo (a causa dell’eccesso di TSH circolante che inibisce la produzione di ormoni tiroidei).
Principalmente per questa ragione, per lo iodio è anche raccomandato un limite massimo di assunzione giornaliera che nella popolazione adulta è di 1100 µg (più restrittivi i LARN italiani, che lo fissano in 600 µg). Per fortuna, eventuali conseguenze negative di un eccesso di iodio sono quasi sempre reversibili, semplicemente riducendone l’apporto con dieta e supplementi.
Più pericoloso è l’eccesso di iodio se associato a trattamento con alcuni farmaci diuretici a scopo anti-ipertensivo: in questo caso l’interazione può causare un accumulo di potassio nel sangue, con rischio di iperkaliemia.

8. Le alghe sono le fonti di iodio per eccellenza

L’alga kelp (kombu) è l’alimento in assoluto più ricco di iodio: un piccolo frammento di kelp disidratato è sufficiente a coprirne per intero il fabbisogno giornaliero. Anche l’alga wakame, quella usata nella zuppa di miso, ne è molto ricca. Minore il contenuto nell’alga nori, quella del sushi, ma pur sempre ragguardevole. Per scoprire le altre fonti alimentari di iodio, scopri i 10 alimenti per fare il pieno di iodio.

9. Bisogna preoccuparsi delle verdure ‘gozzigene’?

Alcuni alimenti, in particolare le brassicacee (come broccoli e cavoli) per via dei loro isotiocianati, la soia per via dei suoi isoflavoni, e la manioca per via della sua linamarina, contengono sostanze a volte definite ‘gozzigene’ o ‘goitrogene’ in quanto ad elevate concentrazioni possono interferire con l’assorbimento di iodio da parte della tiroide. Per avere rilevanza clinica, tuttavia, il consumo di questi alimenti deve essere quotidiano e molto abbondante, e in ogni caso associarsi ad un apporto insufficiente di iodio. In altre parole, se dalla dieta arriva abbastanza iodio, nessuno deve preoccuparsi di limitare il consumo di broccoli, anche se mangiati quotidianamente!

10. Respirare aria di mare ci fa assorbire iodio?

L’acqua di mare è ricca di iodio, ed effettivamente le sue concentrazioni nell’aria possono aumentare quando l’acqua di mare viene nebulizzata (ad esempio, dove le onde si infrangono su una scogliera). L’assorbimento di questo iodio attraverso le mucose respiratorie è tuttavia estremamente limitato. È vero però che durante i soggiorni al mare si tende a mangiare più pesce, e che tutta la catena alimentare locale è più ricca di iodio a causa della sua presenza nel suolo: anche latte, uova, carne e alimenti vegetali locali, dunque, saranno più ricchi di iodio. Ecco perché i soggiorni al mare hanno comunque, in genere, effetto positivo sullo status dello iodio.

Dr. Stefano Vendrame
Nutrizionista, Fulbright Alumnus,
Ph.D. Scienze della Nutrizione

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Dr. Stefano Vendrame
Nutrizionista, Fulbright Alumnus,
Ph.D. Scienze della Nutrizione


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